Dopo 40 anni, que viva la lucha!

(by SisterMagister)

Sono nata nell’agosto 73, venti giorni prima del golpe di Pinochet. Non ho ovviamente un ricordo diretto di quegli eventi, ma lo sdegno, il dolore e la delusione per quell’11 settembre hanno accompagnato tutta la mia infanzia e l’adolescenza, fino al referendum dell’89, e oltre, fino al ’98, quando il vecchio generale si finse malato e demente, e dalla sua vacanza inglese si burlò del mondo con la complicità del governo, evitando l’estradizione “per motivi umanitari”, morendo impunito a casa sua solamente nel 2006.
La sua abbietta figura mi ha quindi accompagnato per tutta la vita, anche attraverso l’incontro con la folta comunità dei rifugiati politici che Genova ha accolto in quegli anni. Ho ascoltato racconti, ho visto cicatrici, ho guardato occhi pieni di rabbia e dolore, ho studiato, ho letto, ho cercato di capire.
In questi giorni in cui i miei 40 anni di memoria personale sono intimamente toccati dall’anniversario della caduta di Allende ho tentato di approfondire che cosa è cambiato da allora, e perché il Cile è rimasto una ferita così aperta, e ho cercato di farlo sforzandomi di lasciare per un attimo da parte le oscenità delle torture e delle uccisioni, l’obbrobrio del regime fascista del generale e dei suoi militari e l’impunità di cui un tale regime ha potuto godere per tanti anni, con il beneplacito di Vaticano e di molti, troppi paesi occidentali.
Tutti conosciamo la storia e la sua cronaca, tanti sono molto più preparati di me e troppi la hanno dolorosamente vissuta sulla propria pelle, quindi vorrei fare solo una riflessione su quanto siamo cambiati noi dal 1973 ad oggi.
La caduta del governo di Allende provocò un profondo shock in tutti i socialisti e progressisti del mondo, che in quegli anni avevano creduto che un socialismo democratico potesse esistere e sopravvivere, e cambiare in meglio il corso della Storia. Quella ferita è rimasta aperta, da quella delusione partì tutta una serie di compromessi e scelte politiche che forse oggi, insieme ad altre concause, ci hanno portato dove siamo.
In quegli anni caldi pieni di ideali combattenti e rivoluzionari, la speranza dell’autodeterminazione democratica di un popolo socialista si infranse violentemente con l’attacco alla Moneda e il presunto suicidio del presidente Allende.
Non c’erano che pochi miseri strumenti di comunicazione, la diretta fu vissuta alla radio, la cronaca attraverso la carta stampata.
Eppure lo sdegno fu mondiale, rimbalzò in ogni luogo in modo quasi immediato.
E allora mi chiedo come mai oggi, quando i nostri strumenti di conoscenza e informazione sono quasi traboccanti, qui non ci indigniamo più per niente.
In 40 anni ho visto mano a mano spegnersi la voglia di sapere, conoscere e capire, che a mio avviso sono presupposti di qualsiasi lotta che non voglia essere infarcita di qualunquismo. Ho visto affermarsi la pigrizia, la depressione e l’individualismo nella politica e nella socialità, ho visto imboccare strade giuste attraverso scelte sbagliate, ho assistito soprattutto negli ultimi anni alla morte della piazza anche a seguito di dure repressioni, ho sentito sulla pelle l’essere in quell’età di mezzo che ha fatto vivere alla mia generazione la delusione dei genitori per il fallimento degli ideali, ho visto la televisione e i giornali perdere spessore intellettuale e appiattire il nostro popolo culturalmente e in civiltà, e lo scenario che vedo oggi è quello di un grande minestrone in cui la politica e il sociale vengono vissuti in modo superficiale e individualista, in cui i social network sublimano la nostra militanza con dei click, e la piazza si muove con poca unità e scarsa organizzazione anche nelle poche punte di indignazione, che comunque non tocca più tematiche globali se non in qualche raro caso di condivisione e solidarietà internazionale ma sempre solo su tematiche di lotta locale.
Non siamo più capaci di indignarci, non stiamo più attenti al ritorno dei fascismi sia striscianti che conclamati, subiamo grandi prese per i fondelli dai nostri governi in Italia e nel mondo, bugie, mistificazioni, strumentalizzazioni, e non sprechiamo un fiato neanche più a dirlo, i grandi ideali non ci interessano più, ogni giorno è un assuefarsi a brutture e soprusi, frutto anche dei compromessi e delle larghe intese. Non ce ne interessiamo più, non approfondiamo, non parliamo, non ci confrontiamo.
Per questo oggi, in quanto ostinata donna militante, figlia degli anni ’70, sono orgogliosa di partecipare agli eventi del 40esimo anniversario del golpe, per ricordare ciò che è stato ma anche per ricordarci di come eravamo, perchè se 40 anni fa il dolore per la caduta di Allende è rimbombato come un corno funebre nelle anime di tutti i socialisti del mondo vuol dire che alla base c’erano grandi idee e forti speranze, e da lì, con la necessaria crescita che la Storia ci ha insegnato, mi piacerebbe oggi ripartire.

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Occupy Gezi

(by Alfa Gamma)

Per quanto lontani, per quanto separati dal mare o dalla lingua e da migliaia di chilometri.
Da questo piccolo angolo di Genova, ci sentiamo vicini, complici, compagni dei ragazzi e delle ragazze, degli uomini e delle donne che in questi giorni e in queste ore si difendono e ancora non mollano.
Non li conosciamo, ma uno a uno vorremmo chiamarli fratello, sorella.
Sotto il fuoco della polizia turca, nella poesia sulle barricate e sotto una pioggia di bengala, Piazza Taksim resiste, piazza Taksim siamo tutti noi.

taksim

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30 giugno 1960

(by Alfa Gamma)

In una delle foto simbolo del 30 giugno 1960 c’è una camionetta della celere che brucia a De Ferrari, attorno ragazzi e uomini con i sassi nelle mani mentre altri sassi volano come fossero i piccioni della piazza.
Sullo sfondo la fontana, un ragazzo con la maglietta a strisce blu probabilmente urla qualcosa e in primo piano un uomo in camicia bianca, maniche alzate al gomito, tiene stretta una trave e avanza.
A pochi passi, due della celere a terra, confusi, inciampati, travolti, sconfitti. Ritratto del governo Tambroni che da li a un mese sarebbe caduto.
Non fu solo la rivolta della parte migliore di questa città. Non fu solo la rivolta dei camalli, dei partigiani, di chi complice nei carruggi copriva la fuga dei manifestanti e ostacolava la caccia della celere.
Fu un punto di rottura e di avanzamento della democrazia in questo paese.

Dal 27 al 30 giugno il Circolo organizza una festa popolare per ricordare tutto questo, con le voci di chi quella rivolta passata l’ha vissuta e di chi invece non c’era, ma vuole ancora ribellarsi contro il presente. Avremo bisogno di voi e di questo, memorie e parole nuove per raccontarci.
4 giorni per stare insieme, per costruire comunità, per ballare, incontrarci, per resistere ancora.

30 giugno 1960

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i nostri sette figli

Gelindo 1901, Antenore 1906, Aldo 1909, Ferdinando 1911, Agostino 1916, Ovidio 1918, Ettore 1921.
Morti tutti e sette il 28 dicembre 1943.

Penso ai sette fratelli Cervi e il cuore fa sempre un tuffo.
Certo, è un cuore antifascista, resistente, combattente, ma è anche un cuore di madre, di sorella, di figlia.
Ogni volta ho pensato a loro come a degli eroi, antifascisti coraggiosi e mai domi, militanti fino alla scelta estrema di imbracciare le armi, ma ho sempre pensato anche a cosa devono aver provato come uomini nel lasciarsi trascinare via a calci e pugni da casa, davanti alle famiglie, ai genitori, le mogli, i figli, negli occhi la paura consapevole della loro sorte.
La loro morte non ha eguali in nessun atto cruento di alcun tipo, sette fratelli giustiziati nello stesso istante, una famiglia decimata, nemmeno la terribile epica omerica è riuscita ad essere tanto spietata.
Il loro assassinio, e l’impegno politico antifascista che il padre Alcide portò avanti con tutta la famiglia fino alla sua scomparsa, siano di insegnamento per ricordare che senza giustizia sociale non ci può essere nessuna pace, e che non dobbiamo abbassare la guardia mai.

Per noi l’antifascismo non è un valore sindacabile, nessuna stretta di mano, nessun compromesso, nessun revisionismo.

Per questo dobbiamo continuare a ricordare, la memoria non deve invecchiare, ed è nostro dovere trasmettere il più possibile, e dappertutto, i valori che fanno di noi, per il momento, un popolo libero.

(by SisterMagister)

   
Mi hanno sempre detto… tu sei una quercia che ha cresciuto sette rami, e quelli sono stati falciati, e la quercia non è morta… la figura è bella e qualche volta piango… ma guardate il seme, perché la quercia morirà, e non sarà buona nemmeno per il fuoco. Se volete capire la mia famiglia, guardate il seme. Il nostro seme è l’ideale nella testa dell’uomo.”
(Alcide Cervi)

“…Ma io scrivo ancora parole d’amore,
e anche questa è una lettera d’amore
alla mia terra. Scrivo ai fratelli Cervi
non alle sette stelle dell’orsa: ai sette emiliani
dei campi. Avevano nel cuore pochi libri,
morirono tirando dadi d’amore nel silenzio.
Non sapevano soldati filosofi poeti
di questo umanesimo di razza contadina.
L’amore la morte in una fossa di nebbia appena fonda.
Ogni terra vorrebbe i vostri nomi di forza, di pudore,
non per memoria, ma per i giorni che strisciano
tardi di storia, rapidi di macchie di sangue.”
(Salvatore Quasimodo – Ai fratelli Cervi, alla loro Italia)

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Comunicato stampa

Giovedì 9 maggio alle 18,30 al Circolo Arci 30 Giugno il giornalista Matteo Miavaldi presenterà con Simone Pieranni, direttore editoriale di China Files (http://china-files.com/it/link/9291/chi-siamo-it), il suo libro “I due Marò”.
L’autore ricostruisce i singoli passaggi della vicenda iniziata il 15 febbraio 2012 quando dalla Enrica Lexie, petroliera privata protetta dalla Marina militare italiana, partono i colpi che uccideranno Ajesh Binki (25 anni) e Valentine Jelastine (45), le vere vittime di questo affaire pasticciato.
Un libro di denuncia, di informazione meticolosa e che si fa leggere fino alla fine come un giallo internazionale.

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25 aprile 2013

(by Alfa Gamma)

Non è solo il ricordo, la memoria o le celebrazioni.
Certo è anche tutto questo.
Ma il 25 aprile è soprattutto la voglia che abbiamo di essere liberi, di sentirci frammento di umanità che ancora non si è arresa e non si arrenderà, che ancora lotta per la libertà, per la giustizia sociale, per la dignità, per rendere il mondo un posto migliore dove vivere.
Migliaia di ragazzi e ragazze, donne e uomini, combatterono il fascismo e liberarono questa città e questo paese.
Noi vogliamo continuare a farlo.
Ora e sempre resistenza.

Oggi come ieri, sempre partigiani!

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Discorso introduttivo alla serata con Hebe de Bonafini, Haidi e Giuliano Giuliani e Don Andrea Gallo

(by SisterMagister)

“Meditate che questo è stato”, si legge in una poesia di Primo Levi.
In questa frase si riflette a mio avviso tutto il valore e l’importanza della memoria: sia perchè ciò che è stato non si ripeta, ma anche e soprattutto perché non ci si rassegni mai alle ingiustizie, rimanendo custodi nel tempo degli ideali di chi non è più in grado di portarli avanti per un motivo o per l’altro, in modo che non vadano smarriti.
Viviamo in un mondo frenetico le cui leggi capitaliste ci costringono a inseguire la sopravvivenza sempre e costantemente, nell’emergenza quotidiana di non farcela nei nostri bisogni primari.
Siamo oppressi da meccanismi economici che nel mondo globalizzato ormai rivelano il fallimento delle politiche liberiste e capitaliste in genere, e nella frenesia della sopravvivenza, concetti come la cultura, il libero pensiero, la memoria, sono costantemente messi in secondo piano da chi ci costringe a impegnarci a produrre anche se annientati dalla povertà, dallo sfruttamento e dall’appiattimento.
La classe politica è in tutto il mondo corrotta e asservita, non trovano soluzioni nè per l’immediato nè per il futuro del mondo.
L’egemonia delle banche e del soldo annientano la dignità dei popoli, la loro autodeterminazione, annullando il diritto al lavoro, accantonando i diritti sindacali, la facoltà di decidere il destino degli stati in cui viviamo.
I modelli che ci vengono proposti non funzionano, lo stiamo verificando sulla nostra pelle, ogni giorno, nel quotidiano, in un vortice di decadimento che sembra non avere fine.
Noi abbiamo un compito faticoso.
In un periodo storico delicato e con equilibri sociali fragilissimi, oggi più che mai ci dobbiamo sentire in dovere di portare avanti le battaglie dei nostri nonni, dei nostri padri e dei nostri figli, coltivando e rinforzando il ricordo degli ideali in cui hanno creduto, e per i quali hanno lottato, per poter continuare a sperare in un mondo diverso nel quale ci sia spazio per la dignità di ogni essere umano.
Oggi sento di poter dire che siamo qui per il valore aggiunto che abbiamo noi rispetto a loro, che è, per l’appunto, la memoria.
Gli ospiti che abbiamo l’onore di accogliere in questa sala stasera sono persone che portano avanti le battaglie dei loro figli, che lottano per l’uguaglianza e contro l’oppressione e le ingiustizie.
Il coro Millelire che canterà fra poco ha scelto di interpretare i canti di chi ha combattuto per gli stessi ideali e per la libertà.
Concludo questo intervento tornando a Primo Levi, che della memoria ha fatto sua ragione di vita, e che sosteneva che se comprendere è impossibile, conoscere è necessario.
I nuovi fascismi di oggi ci spaventano, quindi non dimentichiamo, e andiamo avanti, arricchiti e rinforzati da questo immenso bagaglio.

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8 marzo, per saperne di più

Il video proiettato durante la serata per la Giornata Internazionale della Donna.

http://www.youtube.com/watch?v=weVx7GwFsgM

(by SisterMagister)

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Progetti sociali

Il circolo è uno strumento sociale a disposizione del quartiere. Non solo una comunità larga di esseri umani che si incontrano, ma anche un insieme di energie che lavorano per costruire un quartiere e una città migliori.
Vivibilità – Può contribuire a costruire un comitato di cittadini per la riqualificazione dei giardini 30 giugno lavorando sia sul versante del volontariato sia nel senso di un utilizzo delle previste convenzioni comunali che permettono a comitati di cittadini di attivarsi per la progettazione e la cura degli spazi verdi.

Mutuo soccorso – Attraverso la relazione con i soggetti sociali del quartiere (parrocchia, comitati, associazioni, servizi sociali del centro ovest) il circolo può contribuire a tessere una rete di sostegno per le situazioni critiche dal punto di vista economico attraverso l’istituzione di campagne di solidarietà che fuori da logiche assistenziali coinvolgano direttamente la comunità del quartiere e attivino i soggetti più deboli in iniziative sociali.

Età attiva – Genova è una città “vecchia”, ma non per questo non può non essere in movimento. E per attivare le energie dei vecchi soci il circolo vuole aprire dei percorsi, insieme all’Arci provinciale e regionale e alle istituzioni, di coinvolgimento diretto nelle attività culturali pensate e realizzate direttamente da questi soggetti. Non solo giocare a carte ma trovare nuovi modi per stare insieme.

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Progetti culturali

Il circolo deve avere una proposta culturale che non può prescindere dalle premesse che abbiamo fatto. Storia locale, narrazioni, cultura popolare. E’ già attivo e vogliamo che prosegua un cineforum che propone titoli di attualità, per ragazzi o film più impegnati.
Il teatro è un altro filone culturale che va sviluppato attraverso il coinvolgimento delle compagnie teatrali che già propongono spettacoli al circolo. In questo senso, viste le competenze che abbiamo tra i nostri soci,  stiamo pensando di realizzare una sorta di  Teatro per ragazzi.
L’idea è quella di riuscire a costruire un palinsesto ricco di iniziative variegate, di qualità, accessibili a tutte e tutti.
Per questo abbiamo intenzione anche di interagire con le altre realtà associative legate al tessuto rionale e cittadino come ANPI, come Cercamemoria della Biblioteca Gallino, con i quali stiamo elaborando un progetto di ricerca delle memorie locali, la loro elaborazione e la restituzione alle nuove generazioni e un progetto dedicato, che potremmo intitolare:  “Il nonno racconta”.
L’idea di laboratorio culturale che abbiamo in mente è quella dove non solo si è spettatori o fruitori, ma dove è possibile anche proporre e frequentare corsi o semplicemente informarsi e ragionare insieme.
Nei progetti culturali vogliamo che abbia cittadinanza anche l’idea del mangiare e bere bene, che in tempi di crisi economica, è uno dei perni su cui ricostruire un coscienza dei consumi e della loro qualità. Per questo dove possibile e sostenibile abbiamo inserito e inseriremo prodotti derivanti a colture biologiche o la cui produzione avviene rispettando l’ambiente e i lavoratori impegnati.
In questo senso va l’intenzione di dotarsi di prodotti il più possibile a chilometro zero promuovendoli fra i soci con iniziative adeguate.
Vogliamo attivare una biblioteca di quartiere partendo da quella esistente e arricchendola con la disponibilità e la collaborazione di altre biblioteche comunali, magari adibendo uno spazio più accessibile rispetto all’ubicazione attuale con una sezione dedicata ai bambini che possa essere un punto di riferimento per lo scambio di libri e per le attività creative nel quartiere.Per offrire la possibilità ad autori locali di poter presentare le proprie opere e avere quindi l’opportunità di ospitare persone del mondo della cultura che possano godere di un ambiente storico artistico di immenso valore.
Proprio a questo proposito non possiamo  trascurare il sito che ospita il nostro Circolo. Per questo è nostra intenzione promuovere iniziative per la valorizzazione della villa Tomati, richiamando intorno alle sue testimonianze architettoniche e artistiche l’attenzione del mondo della cultura affinché possa essere realizzato quel recupero delle bellezze che offre e renderlo disponibile alla comunità.

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Progetti di economia sostenibile

In molti quartieri di Genova così come sui terrazzi e sui balconi, ci sono o nascono nuovi orti metropolitani. E’ una certa tradizione contadina genovese ma anche una risposta alla crisi economica e la voglia di mangiare meglio sapendo l’origine dei prodotti. Vorremmo conoscere e far conoscere fra loro chi sono nuovi e vecchi “contadini e contadine” genovesi, organizzare un mercato o una fiera dove sia possibile scambiare o vendere i prodotti o spiegare attraverso corsi dedicati come si piantano e curano le verdure.
Vogliamo contribuire a costruire un Gruppo di Acquisto e connetterlo con gli altri in città per mettere a disposizione del quartiere la possibilità di comprare beni alimentari di qualità e possibilmente a chilometro zero direttamente dal produttore. Si tratti di vino o carne con un GAS è possibile sostenere piccoli produttori locali e risparmiare.

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Tempo libero

I tempi che viviamo sono segnati da solitudine e processi di rottura delle comunità. Pensiamo che sia possibile andare in senso opposto, cioè stare insieme, uscire di casa, fare cose anche piccole ma farle in compagnia, conoscere altre generazioni e altre culture. Riscoprire per esempio i giochi di una volta, organizzare tornei (non a soldi!) o gite e feste periodiche oppure ancora far conoscere il dialetto e la storia locale fatta di lotte sociali e tradizioni.

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La palestra e i progetti sportivi

La palestra rappresenta una risorsa eccezionale per il circolo e per il quartiere. Sia in termini di esperienza umana di chi la anima da anni, sia per il ruolo sociale che ha e può avere. Crediamo che il rapporto fra il circolo e la palestra vada trasformato e potenziato, cioè non debba essere quello fra due entità che comunicano solo in occasione di scadenze amministrative (affitto, tessere, assemblea dei soci) ma che devono lavorare insieme su progetti sportivi di diffusione delle attività della palestra perchè crediamo che lo sport oggi sia più che mai veicolo di inclusione sociale e può esserlo sia alle attività svolte direttamente in palestra sia nei giardini o in altri luoghi della città attivando una pubblicizzazione capillare nelle scuole e nei luoghi di aggregazione.

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Eccoci qui

Da oggi un “luogo” virtuale dove poterci leggere, capire, seguire, suggerire.
Una casa del popolo telematica.
Il Circolo 30 giugno è di tutti!!!

 

 

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